La detraibilità delle spese sanitarie pagate da un fondo sanitario integrativo a una struttura sanitaria

L’Agenzia delle entrate ha chiarito i dubbi dell’interpellante sulla possibilità di portate in detrazione nella dichiarazione dei redditi del de cuius le spese sanitarie pagate direttamente da un fondo di assistenza sanitaria integrativa ad una struttura sanitaria, in nome e per conto dell’iscritto (Agenzia delle entrate, risposta 15 febbraio 2024, n. 43).

L’articolo 15, comma 1, del TUIR stabilisce che dall’imposta lorda è possibile detrarre un importo pari al 19% delle spese sanitarie, per la parte che eccede lire 250 mila. Si considerano rimaste a carico del contribuente anche le spese rimborsate per effetto di contributi o premi di assicurazione da lui versati e per i quali non spetta la detrazione di imposta o che non sono deducibili dal suo reddito complessivo né dai redditi che concorrono a formarlo. Si considerano, altresì, rimaste a carico del contribuente le spese rimborsate per effetto di contributi o premi che, pur essendo versati da altri, concorrono a formare il suo reddito, salvo che il datore di lavoro ne abbia riconosciuto la detrazione in sede di ritenuta.

 

Come confermato dalla circolare del 19 giugno 2023, n. 14/E, dell’Agenzia delle entrate, per poter esercitare il diritto alla detrazione di spese sanitarie è necessario che le stesse siano state effettivamente sostenute e, quindi, rimaste a carico del contribuente.

Si considerano rimaste a carico anche le spese sanitarie rimborsate qualora i contributi e premi versati non abbiano determinato alcun beneficio fiscale in termini di detrazione d’imposta o di esclusione dal reddito. Qualora, invece, i predetti contributi e premi diano diritto alla detrazione dall’imposta o siano deducibili dal reddito complessivo, le spese sanitarie sostenute e rimborsate per effetto di tali assicurazioni non consentono alcuna detrazione.

In particolare, si considerano rimaste a carico le spese sanitarie rimborsate o direttamente sostenute da assicurazioni:

  • per effetto di premi di assicurazioni sanitarie versati dal contribuente;

  • a fronte di premi per assicurazioni sanitarie stipulate dal sostituto d’imposta o pagati dallo stesso con o senza trattenuta a carico del dipendente.

Inoltre, gli oneri e le spese devono essere indicati, in linea di massima, nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui sono stati sostenuti (principio di cassa) e idoneamente documentati, anche se la spesa è sostenuta in un periodo d’imposta diverso da quello in cui la prestazione è resa.

In particolate, con riferimento alle spese sanitarie rimborsate da un fondo di assistenza sanitaria integrativa ai dirigenti in pensione, l’Agenzia ha già avuto modo di chiarire che la detrazione delle spese in questione spetta anche nell’ipotesi in cui tali spese sono pagate direttamente alla struttura sanitaria da un fondo, in nome e per conto dell’iscritto. Inoltre, le spese rimborsate direttamente alle strutture sanitarie si considerano sostenute nell’anno del pagamento effettuato dal fondo sanitario.

 

Riguardo al caso di specie, spiega l’Agenzia, i contributi versati al Fondo non sono deducibili dal reddito complessivo e, pertanto, le spese sanitarie, pagate direttamente dal Fondo, sono detraibili in base al principio di ”cassa” nell’anno in cui le stesse sono pagate dal Fondo alla struttura sanitaria.

Ne consegue che, le predette spese non possono essere portate in detrazione nella dichiarazione presentata dagli eredi per conto del de cuius, relativa all’anno precedente di sostenimento delle stesse.

Modalità dichiarative per fruire del beneficio derivante dal Patent Box

L’Agenzia delle entrate ha fornito alcuni chiarimenti in tema di Patent box, relativamente alle modalità dichiarative da adottare per fruire del beneficio successivamente all’accordo con l’AdE (Agenzia delle entrate, risposta 9 febbraio 2024, n. 39).

In merito all’agevolazione cd. ”Vecchio Patent box” e alle relative disposizioni attuative, l’Agenzia delle entrate osserva che gli effetti della sottoscrizione dell’accordo di ruling sono disciplinati dall’articolo 4, comma 4, del ”decreto Patent Box” secondo cui nelle more della stipula dell’accordo di cui all’articolo 31ter, comma 2, del DPR n. 600/1973, i soggetti beneficiari determinano il reddito d’impresa secondo le regole ordinarie. Al fine di consentire l’accesso al beneficio fin dal periodo di imposta in cui è presentata l’istanza di ruling, la quota di reddito agevolabile relativa ai periodi di imposta compresi tra la data di presentazione della medesima istanza e la data di sottoscrizione dell’accordo, può essere indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta di sottoscrizione del ruling.

 

Alla luce di quanto stabilito nel citato decreto Patent Box, qualora non si raggiunga un accordo per la determinazione del reddito con il competente ufficio dell’Agenzia delle entrate entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel quale si è fatta richiesta di ammissione alla procedura di ruling internazionale, i soggetti beneficiari sono in ogni caso tenuti a determinare il reddito secondo le regole ordinarie.

 

Tuttavia, la quota di reddito agevolabile relativa ai periodi di imposta compresi tra la data di presentazione dell’istanza e la data di sottoscrizione dell’accordo può essere indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sottoscrizione dell’accordo di ruling, restando ferma la possibilità di presentare istanza di rimborso o dichiarazione integrativa ”a favore”.

 

In particolare, come già chiarito con la circolare n. 11/E/2016, è stato riconosciuto che il soggetto interessato possa recuperare il beneficio patent box, sia in un’unica dichiarazione integrativa successiva all’accordo, sia con distinte dichiarazioni integrative relative a ciascun periodo di imposta compreso tra la data di presentazione della istanza di ruling e la data di sottoscrizione dell’accordo.

 

Con riferimento al caso di specie, nelle more della procedura di ruling avviata a partire dal periodo di imposta 2015 e conclusa con l’Accordo di Patent Box firmato, la Società ha determinato il reddito d’impresa secondo le regole ordinarie.

L’istante, pur potendo recuperare il beneficio patent box già con la dichiarazione annuale o mediante la presentazione di dichiarazioni integrative per i periodi pregressi, è rimasto inerte.

Pertanto, spiega l’Agenzia, ne deriva che essendo ormai decorsi i termini per integrare le dichiarazioni annuali, le relative quote di reddito agevolabile non possono più essere recuperate, non potendo, altresì, alternativamente, confluire nella dichiarazione integrativa.

Al riguardo, inoltre, viene specificato che tale facoltà di scelta tra due alternative modalità di fruizione del beneficio può essere esercitata nel rispetto del limite dei cd. ”rapporti esauriti”.

 

Per quanto riguarda, infine, il quesito concernente la possibilità di adottare una diversa modalità di recupero, ai fini IRES ed IRAP, del beneficio derivante dall’accordo di Patent box, l’Agenzia ricorda che nella citata circolare 11/E/2016 è stato precisato, richiamando in maniera testuale il contenuto della relazione illustrativa, che per esigenze di semplificazione si ritiene che la variazione in diminuzione da operare ai fini IRPEF/IRES sia da operare anche ai fini IRAP, senza tener conto della diversa modalità di calcolo del tributo regionale.

Disponibile la visualizzazione della Precompilata IVA 2024

Dal 12 febbraio 2024 l’Agenzia delle entrate ha reso disponibile la dichiarazione IVA precompilata 2024, consentendo a 2,4 milioni di imprese e professionisti di visualizzare il proprio modello (Agenzia delle entrate, comunicato 12 febbraio 2024).

Prosegue la sperimentazione avviata a febbraio 2023 per mettere a disposizione degli operatori la bozza della dichiarazione elaborata con i dati delle fatture elettroniche, delle comunicazioni delle operazioni transfrontaliere e dei corrispettivi telematici.

 

Il servizio che consente di visualizzare il proprio modello è disponibile per le imprese e i lavoratori autonomi che rientrano nella platea definita dai provvedimenti dell’8 luglio 2021 e del 12 gennaio 2023. In particolare, si tratta di soggetti passivi residenti e stabiliti in Italia che effettuano la liquidazione trimestrale, con esclusione di alcune categorie per le quali sono previsti regimi speciali ai fini IVA (come, per esempio, le agenzie di viaggio e i soggetti che operano nel settore dell’editoria). Sono inclusi nella platea anche i produttori agricoli e gli agriturismi.

 

Per visualizzare la dichiarazione annuale è necessario entrare con le proprie credenziali all’interno del portale “Fatture e corrispettivi” e accedere alla sezione dedicata ai documenti IVA precompilati in cui è presente la sezione “Dichiarazione annuale Iva“.

 

Dal 15 febbraio 2024 sarà poi possibile modificare e integrare i quadri del modello, aggiungere i quadri non precompilati, inviare la dichiarazione e versare l’imposta con addebito diretto sul proprio conto.

 

Nel corso del 2023 sono state introdotte nuove funzionalità sui registri IVA precompilati per permettere l’indicazione di ulteriori dati utili a elaborare in maniera più puntuale la dichiarazione IVA precompilata.

Nuovi campi consentono, per esempio, di indicare le percentuali di compensazione applicate alla cessione dei prodotti per le imprese che adottano il regime speciale dell’agricoltura e di specificare, nei casi di splafonamento, se l’IVA è stata versata con F24.

 

Altre implementazioni invece interesseranno le operazioni effettuate dal 1 gennaio 2024.

In particolare i destinatari dei documenti IVA precompilati e i loro intermediari potranno scaricare in forma massiva:

  • le bozze dei registri IVA mensili;

  • i prospetti riepilogativi IVA su base mensile e trimestrale;

  • le bozze delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche;

  • la bozza della dichiarazione IVA annuale.

Contenzioso tributario: modificato il testo delle avvertenze dei ruoli dell’Agenzia

Il testo delle Avvertenze relative alle cartelle di pagamento dell’Agenzia delle entrate è stato aggiornato in considerazione delle modifiche apportate dal D.Lgs. del 30 dicembre 2023, n. 220, in materia di contenzioso tributario (Agenzia delle entrate, provvedimento 9 febbraio 2024, n. 33980).

Il decreto legislativo del 30 dicembre 2023, n. 220, ha introdotto modifiche in materia di contenzioso tributario.

In particolare, l’art. 2, comma 3, lettera a), ha abrogato, a decorrere dal 4 gennaio 2024, l’art. 17-bis, del D.Lgs. n. 546/1992, in materia di reclamo/mediazione.

 

Inoltre, l’articolo 1, lett. d), ha introdotto nell’art. 14, del D.Lgs. n. 546/1992, il comma 6-bis, prevedendo che in caso di vizi della notificazione eccepiti nei riguardi di un atto presupposto emesso da un soggetto diverso da quello che ha emesso l’atto impugnato, il ricorso è sempre proposto nei confronti di entrambi i soggetti.

 

Pertanto, per tenere conto di quanto previsto dal D.Lgs. n. 220/2023:

  • il testo delle Avvertenze relative ai ruoli dell’Agenzia delle entrate di cui agli allegati da 2 a 5 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 17 ottobre 2022 è stato aggiornato eliminando i riferimenti al suddetto articolo 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992;

  • il testo delle Avvertenze relative ai ruoli dell’Agenzia delle entrate di cui agli allegati 2 e 4 del provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 17 ottobre 2022 è stato modificato introducendo le informazioni per la notifica del ricorso nel caso di vizi della notificazione eccepiti nei riguardi dell’atto presupposto;

  • il testo delle Avvertenze relative ai ruoli dell’Agenzia delle entrate di cui agli allegati 2 e 4 è stato modificato nella parte relativa alla richiesta di informazioni e di riesame del ruolo in autotutela sostituendo le parole “Direzione o Centro Operativo” con “Ufficio”;

  • il testo delle Avvertenze relative ai ruoli dell’Agenzia delle entrate di cui all’allegato 2 è stato aggiornato relativamente alle modalità di presentazione della richiesta di riesame nel caso in cui il ruolo riguardi somme dovute a seguito di controllo automatizzato.

Chiarimenti AdE in caso di operazione di scissione e contestuale fusione della società nella beneficiaria

L’Agenzia delle entrate, in risposta ad un interpello antiabuso, ha fornito chiarimenti in merito al caso di un’operazione di scissione seguita dalla contestuale fusione della società oggetto di scissione nella beneficiaria (Agenzia delle entrate, risposta 8 febbraio 2024 n. 37).

Ai sensi dell’articolo 10bis, comma 1, della Legge n. 212/2000, affinché un’operazione o una serie di operazioni possano essere considerate abusive, l’Amministrazione finanziaria deve identificare e provare il congiunto verificarsi di tre presupposti costitutivi:

  • la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito, costituito da benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario;

  • l’assenza di ”sostanza economica” dell’operazione o delle operazioni poste in essere consistenti in fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali;

  • l’essenzialità del conseguimento di un vantaggio fiscale.

Il mancato riscontro di uno dei tre presupposti costitutivi dell’abuso determina un giudizio di assenza di abusività.

Il legislatore, inoltre, ha chiarito espressamente che non possono comunque considerarsi abusive quelle operazioni che, pur presentando i tre elementi sopra indicati, siano giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali.

 

Riguardo all’analisi antiabuso richiesta dall’istante all’Agenzia delle entrate in merito alla scissione, viene rilevato che tale operazione consiste nella scissione parziale proporzionale di una società a favore di un’altra, con assegnazione a quest’ultima, in qualità di beneficiaria, della partecipazione totalitaria ad una terza società, il cui patrimonio non comprende elementi significativi, ad eccezione di un credito verso la tesoreria accentrata del gruppo.

 

La valutazione in chiave antiabuso ha ad oggetto le previsioni dell’art. 172, comma 1, del TUIR secondo cui la fusione tra più società non costituisce realizzo nè distribuzione delle plusvalenze e minusvalenze dei beni delle società fuse o incorporate, comprese quelle relative alle rimanenze e il valore di avviamento e dell’art. 173, del medesimo testo unico.

In merito alla scissione in oggetto viene chiarito che tale operazione determinerà la proporzionale ripartizione degli asset della società scindenda fra i soggetti coinvolti che non usufruiscono di regimi fiscali agevolati e che, in seguito al suo perfezionarsi, procederanno (o proseguiranno) a svolgere, senza soluzione di continuità, le rispettive attività d’impresa. Non si configurerà, di conseguenza, alcuna estromissione dalla sfera commerciale e dal relativo regime ordinario degli asset coinvolti.

 

L’Agenzia precisa che, affinché non siano ravvisabili profili di abuso del diritto, la scissione deve caratterizzarsi come un’operazione di riorganizzazione aziendale finalizzata all’effettiva continuazione dell’attività imprenditoriale da parte di ciascuna società partecipante, con l’impiego degli asset coinvolti esclusivamente nello svolgimento delle attività prospettate in istanza.

 

Nel caso di specie non è ravvisabile il conseguimento di alcun vantaggio fiscale qualificabile come indebito.

Non sussiste, pertanto, il primo presupposto dell’abuso del diritto, e di conseguenza non è necessario proseguire nel riscontro degli ulteriori elementi costitutivi dello stesso agli effetti del suddetto articolo 10bis della Legge n. 212/2000.